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Si esamina il rapporto di Giuseppe Lazzati (1909-1986), grande intellettuale cattolico, politico, Rettore dell’Università Cattolica di Milano, particolarmente vicino a Paolo VI, nei confronti del Concilio Ecumenico Vaticano II, le cui posizioni di teologia del laicato egli precorse e accompagnò nella sua opera e nella sua testimonianza di vita di laico consacrato. Il problema è studiato soprattutto lungo due ambiti: quello della consecratio mundi, concetto che Lazzati fu tra i primi ad elaborare (fin dal 1953) e a diffondere; e che poi abbandonò in ossequio alla sua ridefinizione come sanctificatio, operata dai testi del Concilio. Il secondo è quello della cosiddetta “indole secolare” come caratteristica “propria e peculiare dei laici” (LG 31), concetto che Lazzati coltiverà, elaborerà e difenderà fino alla fine della sua vita, contro ogni tentativo di annullare la specificità del laicato dentro la chiesa e contro il pericolo di definire il laicato solo in modo negativo rispetto al clericus. Lazzati reagì con determinazione alle posizioni teologiche che spostavano il fuoco della secolarità dai laici alla laicità e intendevano questa come dimensione di tutta la Chiesa, indebolendo il ruolo del laicato e il ruolo del clero. Non accettò nemmeno la sostituzione del binomio sacerdozio-laicato con quello ministeri-comunità; né l’idea del laico come semplice cristiano comune rispetto a cristiani che avrebbero una specificazione ulteriore. La concezione di Lazzati resta quella legata ai testi conciliari sul laico, che ha una sua peculiare distinzione nell’unità. Egli sarà confortato dalla Evangelii Nuntiandi (n.70). Attorno a questa idea Lazzati costruirà e testimonierà una coerente e interessante concezione dell’“azione politica” del cristiano, distinta dall’“azione cattolica”.
AbstractGiuseppe Lazzati’s report on the Second Ecumenical Council of the Vatican is examined here. Lazzati (1909-1986) was a great Catholic intellectual, a politician, Rector of the Università Cattolica del Sacro Cuore in Milan, and particularly close to Pope Paul VI. He anticipated the Council’s positions on the theology of laity which he followed in his work and to which he bore witness in his life as a consecrated lay person. Two aspects of the matter are studied. The first, the consecratio mundi, was a concept which Lazzati was among the first to develop (beginning in 1953) and promote but which he later abandoned it in deference to his reclassification as sanctificatio brought about by the Council texts. The second is that of the “secular nature” that “specifically characterizes the laity” (Lumen Gentium 31), a concept that Lazzati would promote and defend, until the end of his life, against every effort to negate the unique nature of the laity within the Church and the danger of defining the laity merely through a negative comparison with the clericus. Lazzati reacted with determination in opposing theological positions that shifted the focus from the secularity of the laity to a laicism applied to the entire Church, thus weakening the role of lay persons and clerics alike. He accepted neither a substitution of the priest-laity dyad with that of ministers-community nor the idea of a lay person as merely a common Christian in contrast to Christians bearing a further designation. Lazzati’s conception remains tied to Council texts on the laity, one for which unity is a distinctive feature. He would find support in the Evangelii Nuntiandi (70). Around this idea Lazzati would build and bear witness to a coherent and interesting concept of the “political action” of a Christian as distinguished from “Catholic action”.