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La dissimulazione sembra radicalmente esclusa dall’orizzonte del cristianesimo antico, che tiene a connotare la propria ortodossia in termini di verità, trasparenza e semplicità, contro la duplicità e l’ipocrisia che vengono stigmatizzate come caratteristiche degli eretici. Tuttavia, a partire dall’idea che nell’incarnazione del Logos vi è, accanto alla rivelazione, anche una dimensione di nascondimento della natura divina e facendo leva sulle grandi potenzialità della metafora del teatro del mondo, in ambito patristico si sviluppa anche un interessante discorso su quella che potremmo chiamare “dissimulazione onesta”. L’articolo ne studia alcuni momenti di particolare rilievo, dall’esperienza dei santi folli alla costruzione di un modello di santità “ironica” come quello proposto da Gregorio Nazianzeno nel ritratto del fratello Cesario, alla celebre controversia tra Agostino e Girolamo sull’interpretazione di Gal 2, 11-14.
AbstractDissimulation seems to have been radically excluded from the early Christian sphere where it was considered important to imply orthodoxy in terms of truth, transparency, and simplicity, in contrast with duplicity and hypocrisy stigmatized as characteristic of heretics. Nevertheless, alongside revelation in an examination of the idea of the incarnation of the Word, there is also an element of having concealed His divine nature. Additionally, an interesting discussion arises over what might be called ‘honest dissimulation’ in a patristic context by making use of the great potential of the metaphor of the world as a theatre. This article examines several particularly significant instances, from mad saints to the construction of a model of ‘ironic’ sanity such as the one proposed by Gregory of Nazianzus in portraying his brother Caesarius in the famous controversy between Augustine and Jerome over the interpretation of 2, 11-14.